Il bus per la Torrazza

Tu che sei sempre lì, attaccato al pc, sai dirmi cosa è successo al 12? Quello che va alla Torrazza, che fa via Piero Manzoni e via Ernesto Lambri.

C’è un sacco di gente che aspetta. Magari trovi qualche notizia sul 12. Che il conducente è morto. Dovrebbe passare un altro 12 per la Torrazza. Uno ogni quarto d’ora. Quindi la strada forse è bloccata, forse c’è un incidente o l’asfalto ha ceduto.

Rispondimi, rispondi pure, anche ora, che uno scrittore comunque li guarda, i notiziari, se c’è un bus capovolto sulla strada l’avrai pure visto, sul pc.

Che poi il 12 passa sotto la targa di Manzoni, che è un artista che cagava nelle lattine. Per il modo in cui piscio anch’io sono un artista. Sto andando a pisciare sulla Torrazza, solo che se il 12 tarda mi sa che me la faccio addosso. Per fare certe cose bisogna prima bere, solo che bevendo poi scappa.

Invece Ernesto Lambri non era nessuno, ma proprio nessuno, solo che la giunta ha voluto intitolare una via a uno che non era nessuno perché secondo loro non stava mica scritto da qualche parte che le vie devono essere intitolate a uno famoso. Mi sembra giusto e anche doveroso pensare a chi non è nessuno.

Arriva un bus.

Peccato. Era il 14. Sarebbe il colmo prendere il 12 e poi pisciarci sopra, dopo tanto impegno. È tutto programmato, prendi il 12, vai alla Torrazza, acquisti il biglietto, ti fai i gradini fin su, oltre cento metri d’altezza. Infili l’uccello in una feritoia, pisci sulla piazza, poi fai gli ultimi gradini e ti trovi nella zona panoramica, piccolissima, ci staranno otto nove persone.

Qui alla pensilina la folla aumenta, per lo più sono pazienti, qualcuno dice parolacce. Uno vorrebbe che gli autisti del 12 venissero licenziati. Uno vuole che il sindaco  si dimetta. Uno dice che il capo del governo è un emerito stronzo, perché bastava fare un decreto e farlo passare con la fiducia, per permettere al 12 di arrivare sempre e comunque, cambiando itinerario.

Ma cambiare itinerario sconvolge gli schemi, è una scelta che fa paura. Eppure io oggi sto cambiando itinerario. Io non ho mai preso il 12, sempre il 14, che andava al parco. Però al parco vedi le cose da terra, sulla Torrazza vedi le cose che vedresti da terra ma più chiare e definitive.

La Torrazza ha di bello che nella piccola area panoramica non ci sono protezioni, così uno può godersi la città, senza il filtro delle grate e delle reti. Volendo uno può salire a cavallo della guglia, non è fantastico?

Ma non trovi notizie sul 12? Va be’ che le guerre hanno la priorità, però mi sembra un affronto che non si parli del 12. Astronavi che impediscono l’accesso? Guardato nelle pagine locali?

Il cielo è blu, sappilo. E così sono blu le finestre degli uffici di fronte, un palazzo di una ventina di metri. Occhi blu, personcine che alitano sui vetri, guardando noi, ammassati in attesa del 12, una folla stanca. Agguerrita, ma anche i vinti fanno le guerre e conoscono già la fine.

Una folla rassegnata che ha la testa girata là, in direzione della curva della via, dove di solito compare una radiatore giallo e poi in alto, dietro il vetro sporco, la scritta luminosa: 12-Torrazza.

Là in alto, sopra la città, la vita sarà sottile come l’aria, la gente un ricordo. I rumori non ci saranno quasi. Il cuore veloce, il respiro rotto, quelli i veri rumori. E chiudendo gli occhi sembrerà già di volare.

Fai la scelta giusta, torna a prendere il 14.

 

Il prestigio del prestigiatore

Tu ti chiami Robialquadrato,
ma se voglio ti elevo alla terza e non te ne accorgi nemmeno. E sarebbe un bell’imbarazzo.

Come faccio? Semplice, faccio giochi, magie, tutte cose che lasciano a bocca aperta. Ora io vorrei scrivere un libro, una specie di manuale da lasciare ai miei discepoli, perché un mondo senza trucchi sarebbe troppo prevedibile. Tutti saprebbero come comportarsi, nessuno avrebbe la meglio.

Però ho un problema, con questo libro. Sono talmente abile nei miei giochi di prestigio che sono sicuro che la pagina tre il giorno dopo sarà a pagina sette senza che abbia mosso un dito, la pagina dieci finirà in seconda pagina e così nessuno capirà giochi, trucchi, magie.

Eppure questo libro lo devo fare, sono un prestigiatore talmente prestigioso che nella Piazza Rossa mi stesero un tappeto rosso. Signore e signori, non passò un minuto e lo feci volare.

Sono talmente prestigioso che la Regina Elisabetta mi chiamò da parte durante un ricevimento pregandomi di mostrarle uno dei miei giochini, il suo diadema finì sulla mia testa e lei rise come una bambina.

Sono talmente prestigioso che Nixon mi volle nella stanza ovale solo per parlare del più e del meno, poi mi chiese qualcosa di sbalorditivo ed io feci scoppiare contemporaneamente un palloncino giallo e lo scandalo Watergate.

Sono molto simile per certi versi al primo Houdini, ma più spavaldo. Capisco che spiegarti certe cose ti risulterà difficile, ma così sarò più tranquillo, perché voglio tramandare i miei segreti a una cerchia ristretta di discepoli e non a uno scrittore fantasma.

Prendi nota di quello che ti dico, perché il tuo compito per ora sarà di ricamare le vicende, sarà un manuale bellissimo, vedrai. Si spiegherà l’arte della carta da gioco scomparsa che ricompare senza biglietto in un vagone di seconda classe di un treno che va a Milano. Di solito è il due di picche, ma riesce bene anche con altri semi o numeri, eccetto il sette.

Spiegherò come far cadere le foglie dei tigli il diciassette giugno, solo passeggiandoci sotto. Dovresti provare, fanno il solletico, è una pioggia calda e asciutta.

Spiegherò anche come una pastasciutta calda e fumante, una volta coperta con un piatto e poi scoperchiata dopo trentadue secondi, possa essere diventata un riso in brodo coi porri. Come le monete diventino banconote – ti piace l’idea? – e le banconote piccoli animali da traino. Scrivi e non chiedere, non chiedere nulla. Il tuo preventivo mi va senz’altro bene, per il tempo non ti metto fretta e anzi aggiungo che mi è facile dilatarlo, nel 1974 ho fatto durare un giorno trentaquattro ore e trenta minuti.

Praticamente non c’è cosa che non sappia fare. Una a dire il vero ci sarebbe. Nella vita sono sempre rimasto solo, tutte queste donne mi vengono intorno solo per vedere i giochi, fazzoletti che scompaiono, anelli che si trasformano in orecchini, ma con l’amore non ho mai saputo fare magie.

Questo sicuramente non impatterà sulla crescita professionale dei miei eredi, perché loro sono di una generazione diversa, sono me e Houdini messi insieme, il mondo si evolve, le magie si fanno sempre più grandi e basterà sempre meno per svelarle, ma questo è il bello della magia, vivrà della sua nudità e del suo crudo inganno, così ingenuo, così sciocco, che anche un bambino lo vedrebbe. Ma le mie magie sono fatte per sbalordire e questo è il primo e anche l’ultimo segreto, sbalordisci e accecherai la ragione.

Al lavoro, dunque, mio caro scrittore digiuno di magie. Quelle con le parole forse le sai fare, ti manderò i miei appunti poi ci incontreremo e… Attenzione, signore e signori, potresti sparire con uno schiocco di dita. Così, per scherzo.

Sono un po’ dubbioso. Non che io creda alla magia, ma ho sentito di uno che si è addormentato a Roma e si è risvegliato nello stesso albergo, ma a Parigi.