La medicina

Ma che bel camice. Chiederò al magazzino se me ne manda un altro paio.

Avanti. Buongiorno. Grazie, è davvero un bel camice. Fresco fresco. Cosa abbiamo qui? Inutile chiederlo, si vede da come cammini. Una lombosciatalgia così acuta non l’ho mai vista. Qui ci vuole una bella serie di iniezioni. Certo, due scatole. Non risolve il problema, ma starai meglio. No, non preoccuparti, magari dopo anni e anni qualche effetto collaterale lo portano, ma non bisogna pensare al domani, pensiamo al qui e ora. E poi la vita è piena di effetti collaterali e allora cosa vogliamo fare, chiuderci in convento? Che tra l’altro non è esente da effetti collaterali? Stammi bene.

Avanti, Buongiorno. Grazie,  pare l’abbia disegnato Armani. Non sembra nemmeno un camice. Un cappotto, piuttosto. Cosa abbiamo? Tosse persistente? Iniezione al più presto, anzi due, per scrupolo, una per ogni natica. E una pastiglia, per gradire. Queste punture portano la dissenteria, quindi bere molto, bere molto. No, la dissenteria non è mortale, di solito. Quando avrai la dissenteria torna a trovarmi, ti prescriverò una nuova pastiglia che mi è stata presentata or ora dall’informatore. Porta un po’ di tosse, ma la pancia si sistema al volo. Arrivederci a presto.

Avanti. Sì, è davvero bello. No, non è un cappotto, è un camice. Che problema, dici? Filorusso? Qui, nell’emisfero sinistro? Ti fa male se premo? Così? Certo, comprendo bene, chi è soggetto alla sindrome filorussa ha anche seri problemi a relazionarsi con gli altri. Sciogli questa pastiglietta nell’acqua, aspirala con la siringa e fatti un’iniezione alla base del collo. No non è pericoloso, puoi avere paresi momentanee e parlare lingue sconosciute, ma è un effetto transitorio. Per qualche giorno potresti sentire il mal d’Africa; se non  passa torna, vediamo di fare un’antimalarica.

Avanti. Grazie, ma non è un impermeabile. No, non è un accappatoio. Trattasi di semplice camice da medico. Sì, camice. Certo, certo, ti capisco bene, essere razzisti è una malattia, certo, come l’omosessualità. Se pensi che i negri, scusa, la gente di colore sia inferiore a te è perché da bambino i tuoi ti consideravano un essere superiore. Questa pastiglia attenua il complesso di superiorità e l’odore emanato dalla gente di colore. Ti può venire un po’ di dissenteria, ma la curiamo senz’altro. Tornerai da me ancora un paio di volte, tornerai anche per la tosse, perché far passare la dissenteria, si può fare, ma la cosa non è indolore. Troppo rischioso, dici? Vuoi o no essere un cittadino dalla mente aperta, democratico, repubblicano, antirazzista e antisovietico? Allora conviene curarti, fallo se non altro per la patria.

Avanti. No, non sto andando via. Lo spolverino? Lo uso per lavoro, è il camice. Nuovo, molto bello. Disegnato da un allievo di un grande stilista. Ma veniamo a noi. Sì, sì, certo, capisco. Ti sei vaccinato? Bene. Cosa? Cosa hai fatto? Scusa, ma ti rendi conto? Non puoi fare un vaccino contro il vaccino, il vaccino non è una malattia. Certo che porta qualche effetto, come tutti i vaccini, ma se ti vaccini contro il vaccino, che senso ha fare il vaccino? Senza contare che il vaccino contro il vaccino porta degli effetti collaterali, omosessualità latente, misoginia, pellagra, hai considerato tutte queste cose? Scusa, ma da medico ti devo dire che hai fatto un grosso errore. Adesso ti darò una pastiglia per mitigare gli effetti del vaccino antivaccino. Un uso prolungato potrebbe portare ad aneliti di indipendentismo, quindi se sentirai di dover partire contro il governo centrale vieni qui immediatamente, che ti faccio una puntura in ambulatorio. Certo che è una cosa forte, ma rimediamo, non preoccuparti.

Avanti. Sì sto per andare via. Sì, è uno spolverino molto bello, mi vergogno a dirlo, ma l’ho comperato scontato del cinquanta dopo un rincaro del cento per cento. Facciamo presto, che sto organizzando un colletta per spedire armi. Come come? Hai un’arma in cantina? Un fucile in buono stato? Vediamo che prezzo si può fare. Certo che un dono sarebbe il massimo dell’altruismo. Questa ferita è da arma da fuoco, perbacco, è proprio una bella ferita. Stiamo facendo proprio un bel pasticcio con tutto questo sangue. Attento, non sporcarmi lo spolverino. Abbastanza profonda, non mortale. Facciamo così, mi regali l’arma così ti togli certi pensieri dalla testa. Poi ti posso aiutare io, ho certe pastiglie che danno l’euforia. La vita sembra ad un tratto più bella, è una sensazione persistente. Se anche succedesse che intorno a te il mondo va in rovina, tu rimani in uno stato di felicità quasi perenne. Attenzione, stai fermo. Non sporcarmi, stai fermo. Te lo garantisco, stato di felicità. Effetti collaterali? Quasi nessuno, al limite un po’ di dissenteria, ma si può rimediare. Per fortuna la scienza ci aiuta. E non svenirmi qui proprio adesso. Cambia la fasciatura domani. Lo so che non pensavi di arrivare a domani, ma adesso mi regali il fucile e arrivi anche a dopodomani e al giorno dopo ancora. Non sei contento, che la tua vita continua?

Una normalissima procedura

Antonio Virdis deve partire. Finalmente! Spiagge bianche, cielo blu.

Non ce la fa più, ma quando si ferma davanti al colorificio si sente già un uomo nuovo.

Il ragazzo del colorificio ha occhiali grandi, rotondi, un ciuffo sostanzioso della sua giovinezza gli copre per intero una lente, cosicché deve guardare sempre un po’ di sbieco.

“Eccomi!” esclama Virdis, euforico, parandoglisi davanti, a uno sportello consunto dai vetri opachi.

Il ragazzo mormora un buongiorno sospettoso. Di solito si trova davanti imbianchini, manutentori, muratori, vecchietti che per la decima volta in un anno devono ritoccare quello spigolo esposto alle intemperie, personaggi strani che gli portano campioni di colore ai limiti dell’impossibile, però questo qui non sembra uno voglioso di pitturare, anzi tiene dietro di sé una valigia da viaggio.

Virdis, come se gli avesse letto nel pensiero, gli spiega che la sua macchina è al parcheggio centrale – che non è così vicino – ma è ugualmente felice perché deve andare in Madagascar. Sa per caso dove si trova il Madagascar?

A scuola non studiavo mai geografia, dice il ragazzo, però sono bravo in disegno.

Appunto, eh già, appunto, dice Virdis, come se chi è bravo in disegno debba lavorare per forza in un colorificio.

Il ragazzo lo guarda e non gli chiede nulla. Potrebbero star lì fino a sera.

“Ho bisogno del lasciapassare, sa indicarmi lo spogliatoio?” dice Virdis.

In che senso.

Io non che sia pudico, dice Virdis. Pudico sì, ma assolutamente nella norma. Senza eccessi, diciamo. Mostrarmi con i calzoni calati, sa, magari entra un cliente, insomma è imbarazzante, almeno per me, anche se alla fine è una normalissima procedura.

Il ragazzo cerca con lo guardo il suo principale, che ovviamente è chiuso in ufficio con Monia a mostrarle il Pantone.

Che tipo di lasciapassare, dice il ragazzo. Cioè, voglio dire, che tipo di colore.

Verde, ovviamente.

Le faccio vedere i campioni di colore, dice il ragazzo.

“Ma no, ma si figuri, non ho bisogno di vedere campionature, ci sarà un colore standard, suppongo.”

splash-1763305_640

Ci sono molte gradazioni, fa presente il ragazzo. Lo smeraldo, l’acido… Vorrebbe aggiungerne altre, ma non gli viene in mente più nulla. Il verde erba, aggiunge alla fine, orgoglioso. Lei ha un campione con sé?

A meno che in Madagascar ci voglia un colore particolare, Virdis non ha preferenze. Il verde che fate di solito, dice.

Con il tintometro – dice il ragazzo guardandolo di sbieco – riusciamo a ricavare il suo verde, sempre che abbia un campione. Oppure deve darci un codice, possiamo vedere il codice.

“Cioè il ministero deve fornirmi un codice?”

Il ragazzo rimane titubante. Questo signore non sembra ubriaco, deve essere semplicemente pazzo, magari i pazzi li mandano in Madagascar, che sicuramente sarà un posto per la salute mentale.

Se vuole, dice Virdis per venirgli incontro, posso farle avere il colore, però devo chiamare mio fratello, abita proprio qui vicino.

Il ragazzo, che non vuole troppe rogne, accetta la proposta. Meglio che venga il fratello, così si può individuare un colore (e mettere fine alla storia).

Virdis telefona al fratello. Antonello, dice, Antonello vieni qui, al colorificio, che qui il colore pare che non lo sappiano. Che poi così vado all’aeroporto, che non è poi tardi, ma insomma prima parto meglio è.

Il fratello arriva subito, il tempo di vestirsi. Perché noi, soggiunge Antonio al ragazzo, non che siamo vergognosi, però in casa ci piace stare in libertà, se mi capisce. In mutande, ecco. Persino nudi, in casa, ma quando bisogna uscire due stracci bisogna metterseli, no?

Convengo, dice il ragazzo, pensando al tipo di cure che si possono fare in Madagascar.

lepidottero di luna del Madagascar

lepidottero di luna del Madagascar

In Madagascar ci vado perché devo staccare la spina alla mente, dice Antonio, appoggiando un gomito al bancone. Sono così stanco, pensi che andavo al lavoro e non ricordavo più nemmeno se era mercoledì o giovedì. Dovevo telefonare a mio fratello. E a volte anche mio fratello faceva confusione, perché qui si fa Halloween che una volta non c’era e magari non si fa il patrono che una volta c’era. Là in Madagascar starò su un lettino tutto il giorno, questo è certo. Per uno come me il Madagascar è la soluzione migliore. Mi sono informato bene, ho preso un sacco di brochures, ti fanno stendere in una stanza con la musica new age e magari rimani lì tre ore, finché non ti senti davvero pronto ad alzarti. A volte ti alzi e insistono per farti rimanere steso ancora un po’, come se il lettino fosse proprio tuo o come se fosse mattina presto. Questo me l’ha detto mio fratello, che in Madagascar ci è andato prima di me. Lui ha perso la moglie. Nel senso che un bel giorno non l’ha più trovata, proprio, e allora è andato giù di testa ed è andato in Madagascar ed è ritornato rinato. Le consiglio di andarci, in Madagascar.

Magari fra qualche anno, dice il ragazzo, sapendo che in Madagascar non ci andrà mai e poi mai.

Ecco che arriva Antonello, dice Antonio. Corre alla porta trotterellando e agita le braccia. Antonello, qui!

Antonello saluta, poi chiede dello spogliatoio.

Il ragazzo cerca inutilmente con lo sguardo il suo principale. Qui non ci sono spogliatoi, dice. Noi vendiamo colori.

Appunto, dice Antonello, io sono qui per il verde.

Appunto, replica il ragazzo.

Noi non siamo così pudichi, fa Antonello, diciamo pudichi il necessario. Ecco, non siamo naturisti, ma neanche bigotti; insomma, se non ci sono spogliatoi non ho problemi davanti allo sportello, però se entra un cliente… va bene che alla fine è una normalissima procedura.

Quello che ho detto io, sottolinea Antonio.

Antonello si guarda intorno e si slaccia la cintura.

Aiuto, mormora il ragazzo.

Antonello cala le mutande e mostra al ragazzo una natica pitturata di un bel verde.

peas-72339_640

Verde pisello, pensa il ragazzo. Come ho fatto a non pensarci, che c’è anche il verde pisello. Dice ai signori che non può mettere una natica nel tintometro: occorre una superficie pulita, limitata e non un pezzo di persona. E poi il body painting non si fa in negozio, nemmeno se uno deve andare in Madagascar.

Ormai per viaggiare ci vuole assolutamente il green ass, dice Antonello. Mio fratello ora deve partire e spero che lei non ci farà dei problemi proprio adesso. Io per il green ass ci ho messo cinque minuti. Cosa sono alla fine cinque minuti?