Ermete quando si risveglia sente puzza.
Nel tentativo di alzarsi per aprire la finestra, inciampa su cose molli, che sono al tatto viscide e untuose.
Che strano, pensa, in camera da letto non ho lasciato robe viscide e untuose.
Poi si ricorda che si trovava sul divano, quindi probabilmente si era addormentato sul divano, dove stava bevendo una birra. Era una giornata caldissima, lui aveva portato la posta per quasi dieci ore con il motorino, era tornato disidratato, aveva bevuto un litro d’acqua, ma era come se non avesse bevuto niente e si era stappato una birra ghiacciata. Si era addormentato. Sì certo, ma sul divano.
C’era lì sua moglie che gli diceva spostati, spostati che devo lavare per terra.
Sì adesso mi sposto, diceva lui, ma poi tracannava birra, ah che bello, e ripensava alla sete che aveva sotto il sole, mentre correva sull’asfalto rovente alla velocità massima, per recuperare ritardi irrecuperabili.
Spostati, diceva sua moglie, scopandogli tra i piedi, spostati che adesso devo lavare per terra.
Che odore. Ma non doveva esserci un buon profumo di pulito? Ma dov’è la finestra, dov’è l’interruttore della luce?
Si era sognato che volava con il motorino e sotto c’era la spiaggia di Copacabana. Allora lui atterrava con il motorino e c’erano bellissime ragazze in bikini che ricevevano la posta e gli dicevano: adesso spostati, che dobbiamo lavare la spiaggia.
Si solleva in piedi e prende una craniata con l’eco: booooonnng! O che il soffitto della sala è sceso di parecchio, cosa improbabile, o che la sala in realtà non è la sala. Quindi non è mai stato né sul letto, né sul divano.
Il morso della paura si impadronisce di lui, soprattutto quando l’eco della craniata si replica, con una testa che non è la sua. Un urlo di dolore echeggia nel buio.
“Chi è?”
E di là, di rimando: “Chi è?”
“Se sei un ladro vattene, prima che chiami la polizia.”
“Giusto quello che stavo per dire io. Ho già avuto due furti in casa.”
“Quindi è casa tua?” chiede Ermete.
“Non proprio” dice l’altro. “In casa mia non c’è tutta questa puzza. Mia moglie lava almeno tre volte al giorno.”
“Non è nemmeno casa mia” dice Ermete. “Mia moglie lava alle 9, alle 12, alle 16 e alle 21,30, festivi inclusi.”
Entrambi tengono le braccia protese, in posizione di difesa.
“Ero sul divano, ricordo – dice l’altro – stavo bevendo un’aranciata. Stavo così bene. Poi mi devo essere addormentato ed eccomi qui.”
“Sono morto? Sono in un sogno?”
“Toccami, sono reale.”
“Anche nei sogni tutto sembra reale. Anche il dolore” osserva Ermete. Bussa sul soffitto. Rispondono suoni metallici. L’altro fa altrettanto. Dice che sembra un coperchio. Spinge. Il coperchio si solleva. Si accorgono di essere dentro un raccoglitore di immondizia.
Tu abiti sotto di me, gli dice l’altro osservandolo alla luce; abitiamo laggiù.
Ermete guarda laggiù e fa notare all’uomo una donna che sta portando qualcosa sulle spalle. Un uomo addormentato. Apre un bidone lì vicino, lo scarica dentro.
“Le nostre signore stanno facendo le pulizie di primavera” dice l’uomo.
Usciamo di qui, dice Ermete.
Camminano accanto, ma un po’ distanziati, per via della puzza che ognuno attribuisce all’altro.