Psiconauta

Solo uno che eleva al quadrato il proprio nome mi può capire. Io da te non voglio testi o pieghevoli, ma il pensiero che sei uno scrittore ombra in un certo senso mi rincuora, tu viaggi molto con la mente, forse mi potrai capire. E io ho bisogno di parlare con qualcuno.

Anch’io sono uno che viaggia molto, rimanendo fermo, seduto per terra, non so se mi spiego. Se non è ancora chiaro, i miei amici mi chiamano Trippa Trip. Trippa per il lardo che ho addosso, Trip per via dei funghi da viaggio.

Ieri mattina ero a casa, sono in cassa integrazione e non è un buon periodo, però ero bello tranquillo, avevo bevuto una birra analcolica e stavo passando in rassegna le corse dei cavalli. A un certo punto qualcuno bussa alla porta finestra che dà sull’orto. Pensavo fosse mia mamma, che alla mattina spesso viene a curarmi l’orto, una cosa che interessa più a lei che a me. Invece scosto le tende e mi trovo davanti un fungo. Somigliava a un prataiolo, solo che aveva sulla cappella delle macchie, come tante piccole guance arrossate dal sole o forse dal vino. Io non volevo aprirgli, non faccio mai entrare a casa mia i funghi sconosciuti.

 

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Poi lui mi dice che forse mia mamma magari passerà di lì e si farà qualche domanda vedendo un grosso fungo appiccicato ai vetri. Certo che parlava, non so come, perché è ovvio che i funghi non hanno una bocca, non bussano e soprattutto non sono alti un metro e settanta. Ma visto che la storia degli uomini è fatta per rompere i tabù, ho aperto. Se l’uomo sta conquistando i pianeti del sistema solare – impensabile una volta – un giorno non lontano, forse, anche aprire la porta ai funghi sarà la cosa più naturale del mondo. Come i neri che non potevano salire sugli autobus. Poi ci sono saliti e hanno fatto molto altro.

Certo che ero terrorizzato! Ma ho subito detto al fungo che forse gli avevo appena salvato la vita ed era in debito con me. Perché lui non conosce mia madre, che l’avrebbe assalito, portato a casa caricandolo nel baule, senza farsi troppe domande sulle stranezze della natura. Ora saresti in un freezer, gli ho detto. Ancora crudo o trifolato con aglio e prezzemolo. Quindi non farmi del male.

Mi ha detto che aveva le allucinazioni. Anch’io, gli ho detto. Gli ho chiesto se gradiva un po’ di acqua piovana e volevo farlo sedere in cucina, ma mi ha detto che i funghi non si siedono mai. Non dirmi che non lo hai mai notato, mi ha detto. Cosa ti salta in mente?

Io nei miei viaggi, altro che funghi seduti. Tocco i morti, vedo con i loro occhi. Volo sotto terra, senza luce, senza aria. Però aveva ragione, i funghi non si siedono, ma se è per questo non bussano nemmeno per entrare in casa.

Ora, se lo dico ai miei amici, sai le prese per il culo. Già quando avevo raccontato di avere trovato nel letto una locusta si erano fatti un sacco di risate. Perché sono così poco credibile?

Dovrei fare come fai tu, raccontare cose che somigliano al vero, raccontare un fungo o una locusta come si racconterebbe l’incontro con un amico o la spesa al supermercato. Se potessi raccontare i miei viaggi come fa uno scrittore, la gente ci crederebbe, come ci credo io. Credo che siano veri, anche se non ho le prove, come credo al fungo. Mi ha detto che si sentiva uomo, oppure che gli uomini erano somiglianti a lui. Li vedeva crescere con l’acqua, nei posti più umidi e nascosti e poi scomparire senza lasciare traccia. Mi ha detto che ha paura di diventare un uomo, ma che cose che sembravano impossibili si stanno avverando tutte. L’ha saputo dalle formiche rosse.

Il fungo ha fatto una doccia poi se ne è andato, pensieroso come prima. L’ho cercato nell’orto, ma non l’ho più trovato. Però intere colonie di formiche rosse marciavano ordinate sulle zolle: squadre, legioni, eserciti interi. Come se fossero certe della conquista del mondo, metodiche, instancabili, senza più ostacoli, senza più rivali.

Movimento Cinque Selle

Il mio cavallo preferito si chiama Furia e se ti vedesse ti saluterebbe impennando. Io mi chiamo J.R., come quello di Dallas, perché di nome faccio Jeremiah, con la h finale come Samantah, e di cognome Raglia. Ho provato a farmi cambiare il cognome all’ufficio anagrafe, è una trafila infinita. Questo cognome è una coltellata al cuore. Ho chiesto come cognome Galoppo, ma poi continuerei a chiamarmi J.R. Voglio che sulla lapide ci sia scritto Galoppo e che non ci siano fiori a coprirlo nemmeno di striscio. Lo voglio in bella vista, perché dedico la vita ai cavalli e spero che il paradiso sia una prateria, ma senza ufficio anagrafe.

Ho un campo bello largo e una scuderia di cinque cavalli che non hanno mai fatto il ballo dell’orso, perché lì da me non c’è mai modo di annoiarsi. La parola d’ordine è: movimento! Questo chiedo a te, che sei uno scrittore ombra: che mi scrivi un volantino, mettendo in risalto sia la parola movimento che la mia scuderia, che si chiama Cinque Selle.

Uno arriva lì con la macchina e può parcheggiare tranquillamente, anche con il vestito della domenica, perché ho cinque spogliatoi, con il nome dei miei cavalli: Furia, Furioso, Furibondo, Furente e Fannullone. Nomi che rispecchiano appieno i loro caratteri. Per esempio Fannullone se non ha voglia non esce nemmeno dal recinto, neanche sotto minaccia, nemmeno sotto percosse, cosa che tra l’altro non farei mai. E lui lo sa bene, è furbo e se dice no è no. Punto e basta. Bisogna che sole e temperatura siano come dice lui.

 

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Dunque, l’equitazione è uno sport divertente e poi si può parlare con i cavalli, loro ti capiscono benissimo. Sono molto intelligenti, Furente mi aiuta con la contabilità, per fare un esempio.

Primo, qui non ci sono castroni. Secondo, do a tutti il trinciato durante la settimana, ma alla domenica li porto al ristorante Crazy Horse, dove abbiamo una sala riservata e diciamo che alla domenica molti vengono al ristorante anche solo per vedere i miei cavalli. A Furibondo, per tenderlo buono, devo sempre promettere una torta alla vaniglia. I bambini si divertono molto e questa per me è pubblicità, perché poi mi cercano, vengono al maneggio.

Cavalcare le mie cinque selle tonifica muscoli e cuore e poi i bambini con i cavalli ci sanno fare e dopo qualche tempo si parlano, non so in che modo, ma si capiscono. Il piccolo Armando con Furia si scompiscia dalle risate e non ho ancora capito il motivo, ma ti dirò che un po’ sono geloso.

I miei cavalli li faccio lavorare massimo tre ore al giorno, escluso Fannullone, naturalmente, però è su di lui che spesso ricade la scelta, forse perché gli manca un pezzo d’orecchio e fa tenerezza, però è un appaloosa e fra i cinque è il cavallo più bello.

Il maneggio è un pezzo di paradiso, con gli abeti e i sentieri nel bosco. Puoi fare la colazione al sacco, arrampicarti fino a duemila metri e una volta su non hai più voglia di scendere. E le cose che ci sono a valle non solo sono piccole, ma sembrano insignificanti. Vorrei che tu nel volantino mettessi in risalto questa cosa, che il mondo è solo un fondale e che la vera vita è lì fra i miei cavalli, in sella, nel silenzio. Il Movimento Cinque Selle è esattamente quello che uno si aspetta dalla vita, anche se non lo sa.