Sono iniziate le olimpiadi invernali 2018.
Un terrore sottile e diffuso si è impadronito di noi. Cosa indosseremo quando andremo ad assistere alle gare di Cross country skiing, sempre che sappiamo cosa sia? Cosa indosseremo quando risponderemo al cellulare, nel bagno dell’albergo, quando un sms ci avviserà del credito residuo? O anche, cosa non indosseremo? Perché se un abito può fare la differenza, può farla anche la sua assenza.
Sulla strada, con stile.
Bruno Ferrigno, grande amico e professionista, è uno stilista italo-americano che abita a Spray, nell’Oregon. Spray è una città famosa per non essere famosa. Degni di nota sono il rodeo, la mezza maratona e l’insegna della Coca cola, nella via che c’è una volta girati a destra. Bruno è uno stilista di strada, lo incontri davanti al cartello di benvenuto della cittadina o fra i larici, i luoghi che solitamente frequenta quando aspetta che l’ispirazione gli cada addosso. Di solito disegna le camicie per l’altra mezza maratona e i coprigarretti per il rodeo, ma in occasione dei giochi invernali 2018 ha creato una collezione per il tipico spettatore trendy dei giochi di Pyeongchang, quello che si fa un cicchetto al mattino, poi si avvicina ai campi di gara, chiede cosa c’è di bello in programma, chi gareggia e ogni tanto fa sì on la testa e mentre ancora sta ricevendo gli ultimi ragguagli indietreggia piano piano, senza fare rumore, quasi con imbarazzo, per sparire fra una folla di tifosi.
L’abito non fa il monaco. Questo è il motto di Bruno. Anche se a volte gli crea confusione, quando finalmente l’ispirazione gli cade addosso diventa inarrestabile. Egli allora disegna sul suo taccuino di due metri per due decine di schizzi. A volte li ritaglia ed è pronto a venderli come prodotto finito. A volte vende il taccuino per intero, poi si infila al Lone Elk Market, da cui esce solo dopo qualche ora. I suoi prodotti, tanto artigianali quanto geniali, hanno fatto dire di lui: “Chi è Ferrigno?”
Calzini suburban
I calzini secondo Ferrigno sono l’indumento che più parla di noi. Da non indossare mai a tinta unita, ma con l’accorgimento di infilarli a senso unico alternato, cioè con l’alluce destro poggiante nel tallone del calzino. La cosa in sé, anche se sembra di difficile realizzazione, rappresenta la nostra voglia di partire, ma anche di tornare, un giorno o l’altro. Da indossare anche, ma soprattutto, senza scarpe, per meglio apprezzare le carezze della neve. Il ricamo di un cuore rotto in prossimità di un buco appositamente creato nella zona dell’alluce, daranno a chi li indossa l’aria di un tombeur. Delle scarpe Ferrigno parla quindi molto poco, o lo fa fra un boccone e l’altro, guardando fuori dalla finestra. Le scarpe non gli interessano. Le suole sono per i senza patria. Così dice.
Copricapi rivelatori
Si possono fare con un foglio di giornale, a barchetta, multicolor o multibianco, con il piccolo logo Ferry disegnato a matita.
Se piove o nevica il cappellino si bagnerà, ma d’altra parte tutte le barche si bagnano. Il vantaggio del cappellino è che si può trasformare in fazzoletto da taschino o in tovagliolo, a seconda delle esigenze. Il copricapo deve essere molto succinto, tanto che Bruno ha ideato per le sue creazioni il termine pericapo. Un pericapo deve lasciare scoperte molte zone della testa, perché le ossa del cranio e le circonvoluzioni delle vene, ma anche le ciocche di capelli, sono il tratto distintivo dell’animalità, ancora più degli organi genitali. Sono la parte più sexy del corpo, quella che fa urlare agli astanti il loro odio o il loro amore. E inoltre, cosa c’è di più poetico di una barchetta lanciata in alto, per festeggiare il vincitore dello Short track speed skating, ammettendo di sapere cosa sia?
I track pants 4 legs
A Pyeongchang tutti li vogliono. A tale proposito gira una storia curiosa: Ferrigno ha tenuto nell’armadio per anni e anni le sue vecchie tute, perché lui conserva tutto, ha ancora in garage delle scatole di pizza del 1988. L’altro suo motto infatti, dopo quello del monaco, è “Del maiale non si butta via niente.” Quando dunque ha tirato fuori dall’armadio i pantaloni delle tute, rotti e consumati, ha pensato al maiale e ha provveduto come se dovesse vestire un porco: li ha rattoppati accoppiandoli fra loro attraverso cuciture ad hoc, in modo che alla fine risultassero quattro gambe. Ovviamente, poiché gli spettatori dei giochi sono in larga maggioranza bipedi, nelle gambe rimaste libere si possono infilare le braccia, godendo così di un calore supplementare, che sarà sicuramente apprezzato.
Full metal jacket: l’intramontabile
Quando si entra in un negozio di Ferry puoi chiedere semplicemente: “Ha un full metal jacket taglia m?”
Ma la pubblicità mandata in onda tutte le notti alle 2, sulla tv locale TeleVideoSpray ti suggerisce di entrare cantando:
Del mio corpo sono sempre fier
e lo voglio proprio far saper!
Il commesso senza chiederti altro ti tirerà fuori un full metal jacket, dal peso di 20,8 chilogrammi, da indossare facendoti aiutare da qualcuno. Da sottolineare che non tutti i commessi hanno visto la pubblicità in onda alle due di notte su una tv locale americana, quindi le reazioni alla canzone possono passare dalla imperturbabilità agli accessi d’ira francamente sproporzionati, considerando che la maggior parte dei clienti non canta per professione. Con un full metal jacket sulla neve si suda molto e si tende a sprofondare, tuttavia la rivisitazione in chiave fashion porta al vero fashionista una brama febbrile che solo uno shopping compulsivo può placare.
Quello di Bruno è senza dubbio il top outfit e non ci sono alternative. I consigli di Ferrigno ci porteranno ad affrontare lo spettacolo dei giochi invernali da veri protagonisti, anche se siamo semplici spettatori. E diventeremo campioni di moda, se la vita non ci ha permesso di essere campioni di Luge, sempre che sappiamo cosa sia.
Chi è Bruno Ferrigno.
Nato da una madre alcolizzata, passa la sua infanzia giocando con un cane alcolizzato. Dopo aver frequentato per sei anni la stessa classe, si rende conto di essere più portato per l’arte che per lo studio e imbratta con lo spray la porta della chiesa di Spray. Scoperto e costretto a rimediare al danno, mentre ridipinge la porta si accorge che sta dipingendo anche la casacca che vi è appesa, appartenente al pastore Winterfall. Poiché non riesce a togliere la pittura, tenta di rimettere a nuovo il vestito, con patchwork e collage, creando a sua insaputa il suo primo modello che una volta esposto al museo locale si chiamerà “Arlequin”, ma che per il momento gli costa una settimana di lavori socialmente utili. In questo frangente – è ormai maggiorenne – conosce un sarto del Wisconsin andato in fallimento e ne rileva l’attività, ma fallisce a sua volta il giorno successivo. Ferrigno, contro il parere di tutti, non si perde d’animo e apre il primo negozio con un marchio proprio, “Ferry”, dapprima vendendo esche da lenza, per raccogliere un po’ di denaro, poi divise da pescatori, poi vestiti festivi per i pescatori, per le mogli dei pescatori, per i figli dei pescatori. I pescatori ben presto chiedono di personalizzare gli abiti, che prima erano venduti in taglia unica, e Ferrigno apre un laboratorio dietro il negozio. Cominciano ad arrivare commesse anche dai paesi vicini, ma quando il pastore Winterfall si presenta nel suo negozio per ordinare un vestito nuovo, Ferrigno si rende conto che la carriera è ormai lanciata verso nuovi traguardi, ricchi di soddisfazioni.
Oggi Ferrigno viaggia spesso in aereo, ma appena possibile torna a Spray, dove vive in una piccola e graziosa casa, in compagnia di un cane alcolizzato.