il pescatore di brodo

Va bene, ci credo. Converrai che in pochissimi sarebbero disposti a fare altrettanto. Pescare un brodo è un po’ come camminare sulle acque, non so se mi spiego.

Quindi tu vuoi che io scriva per te la tecnica della pesca di brodo, che sia scientifica e credibile, in modo che nessuno, né ora né mai, abbia più modo di ridere di te.

Riassumerò in poche righe quello che hai fatto il trenta gennaio, di sera, a casa tua. Perché tu per pescare non ti sei mosso da casa, giusto?

Mi hai pregato di partire da una premessa. Il brodo di tua moglie è disgustoso. Sa di muffe e di calzini usati, e anche un po’ di urina. Tua moglie però è convinta che il suo brodo sia buonissimo e non avevi modo di dimostrarle il contrario. Anche se ogni giorno, verso sera, uscivi sul pianerottolo e sentivi quel profumino che veniva dall’appartamento di sotto, dove abita una cuoca.

Quella sera del trenta gennaio, hai aspettato che tua moglie andasse a letto. Hai guardato alla tv le previsioni del tempo, poi hai preso dallo sgabuzzino la tua canna da pesca e in fondo alla lenza hai legato un fisher a gancio, di quelli che si infilano nei muri. Ti sei affacciato alla finestra della cucina, coperto con berretto e piumino, proprio come se fossi sulla riva di un fiume, poi hai calato il filo. Non per pazzia, ma perché sul davanzale della finestra di sotto c’era il tegamino della cuoca, che conteneva l’avanzo del brodo. L’hai scoperchiato, agganciando il coperchio con l’uncino, poi hai immerso il fisher nel tegamino. Hai lasciato la finestra socchiusa e ti sei seduto sulla sedia, là dove ogni sera sei costretto a ingoiare un veleno. Hai caricato la sveglia per le quattro. E lei puntuale ti ha strappato dai sogni con un suono tipo bic boc, perché dove c’erano i martelletti avevi infilato del cartone per non fare rumore. La stanza era freddissima, la canna ti aspettava. hai spalancato la finestra, hai dato un piccolo strattone che ti ha fatto felice. Il brodo aveva abboccato. Hai agito sul mulinello, piano piano. Il brodo, dopo un attimo di resistenza, ha lasciato il tegame. Ecco, così, senza indecisioni, ma anche senza foga. E in breve il brodo è apparso ai tuoi occhi stanchi, congelato da diciannove gradi sotto zero. Hai ringraziato mentalmente la signorina delle previsioni e hai messo il brodo in frigo.

Quella stessa sera ti sei messo ai fornelli prima che tua moglie tornasse dal rosario.

“Cos’è questo odore?” ha detto, ma nella sua voce c’era incredulità e anche un pizzico di invidia. E tu le hai mostrato il brodo che bolliva. “Ho pensato di darti una mano.”

Il sospetto che tradivano i suoi occhi! Poi ti ha detto che doveva uscire a mangiare la pizza con le amiche; si aspettava che tu facessi la faccia dispiaciuta. E tu hai fatto una faccia dispiaciuta, come meglio ti veniva. Hai aspettato che uscisse di casa, poi hai buttato a cuocere una manciata di lumachine. Cucchiaio dopo cucchiaio, il brodo ha cancellato i ricordi dei calzini usati e poi tutti gli altri, anche quelli più tristi. Ormai non ti importava più nulla di niente, nemmeno di morire.

Informazioni su Roberto Stradiotti

studi classici, bonsaista della domenica
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