Il cielo stellato sopra di me e il serbatoio della mia moto

v-strom

“Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me e il serbatoio della motocicletta. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza. La prima comincia dal posto che io occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in cui mi trovo a una grandezza interminabile, con mondi e mondi, e sistemi di sistemi; e poi ancora ai tempi illimitati del loro movimento periodico, del loro principio e della loro durata. La seconda comincia dal mio io indivisibile, dai miei viaggi, e mi rappresenta in un mondo di chilometri infiniti, che solo la ruggine può penetrare.” (I. Kant, Critica della ragion pratica e manutenzione della motocicletta)

Se leggo il libro di Ignazio Kant, uno dei più famosi meccanici nel mondo dei bikers, ormai un mito, mi viene una pelle d’oca che sembra un campo di frumento, tanto i peli si rizzano verso il cielo stellato.

È un’emozione indescrivibile guardare le stelle e con esse chissà cos’altro che sto certamente guardando, ma che non vedo e poi abbassare gli occhi per scrutare con una torcia l’interno del serbatoio della mia moto V-strom. Lì dentro è scritta con decoro rugginoso la finitezza dell’uomo, la sua lenta disgregazione. Che poi non è una connotazione negativa, vale a dire c’era una volta un serbatoio metallico rilucente ed ora c’è solo ruggine. Vale a dire c’era una volta un giovane uomo, cioè io e ora un quasi vecchio e cadente e pieno di ruggine, cioè sempre io.

dal profondo degli abissi

dal profondo degli abissi

La ruggine, quella ruggine lì che per settimane mi ha impedito di viaggiare tranquillo, finché non mi sono deciso ad aprire il ventre della mia moto, quella ruggine lì è veramente un decadimento, un attacco indecente alla perfezione? Se la mia moto non era più capace di superare i 5000 giri, era un abbassamento delle prestazioni, un attacco virale alla tecnologia da parte dell’acqua corrosiva, nemico temibile dei motori? L’acqua che si infiltra, nei serbatoi, nelle case, l’acqua che spacca le canne gelate, l’acqua che gocciola dai lavandini e dai rubinetti, che esonda e invade strade e paesi, senza timore reverenziale?

Ignazio Kant in realtà mi dice che la ruggine è solamente un fenomeno chimico, una trasformazione, un legame d’amore. C’era una volta l’ossigeno, al quale piaceva il ferro. E l’amore come la ruggine si espande, figlia, ossigeno e ferro sono fatti per stare bene insieme. La ruggine ci dice che il tempo passa, che ogni secondo passato non è uguale al precedente, perché ogni mio respiro scandisce una perenne trasformazione.

Su questo siamo tutti d’accordo, però la meccanica è una materia cruda e con quella ruggine presto sarei rimasto a piedi. No, a pensarci bene a piedi ci ero già rimasto, perché per colpa della ruggine il galleggiante mi segnava due tacche di benzina e invece ero a secco. Che spasso!

ruggine

Ma il mondo è governato dall’amore e l’amore è chimica, la chimica è nel quotidiano, non è necessario infilare un camice bianco ed entrare in laboratorio, basta scovare dal ripiano sotto il lavello una bottiglia di aceto bianco. Anzi, andare al supermercato e prenderne quattro o cinque, con la cassiera che ti guarda in modo strano, perché pensa che ci condirai l’erba del giardino. E invece l’aceto è finito nella pancia del serbatoio, perché Ignazio Kant insegna che un acido blando, nel giro di ventiquattr’ore intacca e scioglie la ruggine. Che non è per sciogliere un legame d’amore, ma per dimostrare ancora una volta che gli elementi si incontrano, si allontanano, non si vedono per un po’ e ogni volta è una storia nuova, ovviamente una storia d’amore.

Così, scrutando con una torcia all’interno del serbatoio, potevi vedere un lago marrone, con infiorescenze galleggianti. Tutto si trasforma. Durante la notte, sotto il cielo stellato, sotto gli occhi di mondi e mondi, l’ossido di ferro se ne andava, la materia si trasformava senza rumore. Nulla torna mai come prima, ma questa è la storia della vita, nuovi ordini di cose ad ogni istante, anche se tutto ci sembra immutato, sospeso nel presente.

Con un mestolino da cucina ho estratto dal serbatoio la sua storia. Le piogge, le benzine brutte, gli anni di incessante lavorio dell’umidità, i suoi ricordi a scaglie, perché la moto potesse rimanere con me, mi accompagnasse di nuovo sotto il sole e sotto la pioggia, cosa che un’auto non potrà mai fare. L’auto porta, non accompagna e questa è una differenza fondamentale.

La mia moto lo sa bene e infatti, una volta riassemblata, è andata su di giri. Diciamo 8500. Dentro il suo serbatoio, sigillato con un tappo nuovo, si sta consumando un nuovo amore.

Informazioni su Roberto Stradiotti

studi classici, bonsaista della domenica
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