Curriculum, esempi da non imitare

Quando faccio vedere il foglio mio papà scende al bar.

Mia mamma si chiude in bagno.

Mio zio, quello che fa il professore, dice che ha i compiti da correggere.

La mia fidanzata oggi mi ha detto che per il suo compleanno non legge. Mai.

Il suo compleanno è stato tre mesi fa.

Allora chiedo a te. Tu vai al bar? No, te lo dico io, gli scrittori fantasma sono sempre inchiodati sulla sedia.

E con venti euro per piacere mi sistemi il curriculum e siamo a posto per qualche mese.

Devi mettere a posto qui e là, in modo che sia bello, simpatico, piacevole.

Allora, sono un ragazzo del settantasei. Quindi quest’anno faccio i quarantuno. Ho dieci anni di esperienza in ufficio, dieci anni di esperto di trasporto con il carrello elevatore, cinque di esperienza come venditore, cinque di calzolaio e cinque di pizzaboy. Che poi sono tre di pizzaboy, uno di pizzaiolo e uno di cameriere.

Quando ero pizzaboy mi dicono: che ne dici se porti le pizze in tavola? Così quando piove non ti bagni più. Per me era un bel salto di qualità. Poi a un certo punto mi dicono: che dici se fai le pizze? Così non devi correre avanti e indietro per i tavoli. Per me era un bel salto di qualità. Poi mi dicono, un giorno: che dici, domani stai a casa? E anche dopodomani? E anche la settimana prossima? Perché la pizzeria ora è della banca.

Che la banca entri nel commercio della pizza mi sembra strano, ma non si può mai dire.

Così giro la città in lungo e in largo e dopo una settimana di preoccupazione vedo un annuncio sulla vetrina di un calzolaio. Gli porto la mia esperienza di pizzaboy e lui dice: va bene, vieni domani mattina. Certo che gli ingredienti non sono mozzarella e pummarola, qui più che altro si usano mastice e chiodi. Sono molto bravo a risuolare e le signore quando vengono da me si fermano a guardarmi mentre lavoro. Poi a un certo punto viene la moglie del calzolaio e si ferma a guardarmi mentre lavoro, e così per un po’ di tempo. Allora il calzolaio mi dice: che dici, domani stai a casa? E anche dopodomani? E anche la settimana prossima? Che c’è, dico, la banca è entrata nel commercio delle scarpe? Il calzolaio era taciturno, ma mi pagava sempre, fino all’ultimo centesimo.

Allora giro la città in lungo e in largo e dopo una settimana di preoccupazione leggo sul giornale che cercano giovani volonterosi per vendere pentole a domicilio. Faccio i conti e risulta che sono ancora giovane, quindi perché no? Qui non occorrono mastice e chiodi, ma molta lingua. A me la lingua non manca, quando facevo il pizzaboy e il calzolaio prendevo sempre le mance perché ero molto simpatico, parlavo sempre e secondo me il calzolaio era invidioso, perché lui non riusciva a parlare, come un ninnino di pochi mesi.

Queste pentole hanno di bello che cuoci quello che vuoi con pochissimo gas, senza olio, senza burro, senza acqua, senza niente di niente. Faccio la dimostrazione a casa delle signore e le signore sono tutte molto contente, si fermano a guardarmi a bocca aperta. Guadagno bene e mi vesto con la cravatta. Poi un bel giorno arrivano i carabinieri e prendono sottobraccio il nostro capoarea. Lui mi dice: domani non vieni e dopodomani nemmeno.

In quegli anni mi sono divertito molto e ho anche pensato che se riuscivo a vendere le pentole riuscivo anche a mettermi in politica, ma per entrare in politica bisogna fare la gavetta e io non avevo voglia di fare la gavetta di nuovo.

Questa volta passa un mese di preoccupazione e il lavoro non si trova. Cercano giovani, faccio i conti e sono vecchio, cercano bassi e io sono alto, cercano biondi e io sono moro. Alla fine un’agenzia del lavoro mi manda in un capannone. Si presenta un piccolo col grembiule grigio e mi dice: sei quello dell’agenzia? Sì, dico io.

Sai guidare un muletto?

No, dico io.

Non fa niente, dice lui e mi fa vedere il muletto e come si usa. Passano dieci minuti e so guidare il muletto. Passano dieci anni e il piccolo col grembiule grigio, che intanto è invecchiato, mi dice: domani qui non ci vieni. Chiedo se è colpa della banca o dei carabinieri. Il piccolo ride, non l’ho mai visto ridere. Mi dice di presentarmi in ufficio, ben vestito.

Il giorno dopo sono in ufficio. Mi metto la stessa cravatta delle pentole, che ha portato fortuna. Passa un po’ di tempo e le segretarie si fermano a guardarmi mentre lavoro.

Poi il padrone si sposa, io sono invitato, il piccolo col grembiule no perché nel frattempo è morto.

Quando gli sposi devono baciarsi io bacio la sposa al posto del padrone e così per molte volte nel corso della giornata. La sposa era una delle segretarie, era quella che si fermava a guardarmi lavorare anche dopo l’orario di lavoro.

Quando è il momento dei saluti il padrone mi dice: non venire domani e nemmeno dopodomani.

Io penso che ha bevuto troppo e domani vado. Lui è in viaggio di nozze ma il suo vice no. Mi ripete che non devo presentarmi, né domani né dopodomani. E lui non ha bevuto, è astemio.

Ormai ho una preoccupazione che dura sei mesi, ho girato in lungo e in largo la città. Poi un’altra, poi un’altra. Ho preso il treno e la corriera. Ho fatto domanda alla Nasa e alla Barilla, perché ho esperienza di ufficio e di alimenti e so parlare bene l’inglese, perché i miei genitori sono inglesi.

Però cercano molto madre lingua cinese e dove cercano lingua inglese cercano donna e dove cercano uomo lo vogliono di ventinove anni e dove cercano uno con la mia età lo vogliono con accento americano e dove ho trovato ieri cercavano uno di lingua inglese ed erano molto contenti del mio inglese, ma al telefono devo sempre parlare russo, anche con gli inglesi. Sempre. Anche con gli altri impiegati, anche quando ci salutiamo e non ho capito perché. Allora di quel posto non si è fatto niente e ora sto di nuovo cercando. I calzolai li vogliono di madrelingua francese e i pizzaioli con esperienza nelle saldature. I venditori devono sopportare un’accelerazione di 8g e io sto già male sulla giostra.

Se mi aggiusti gli a capo ti do anche trenta euro, è ragionevole, no?

Ragionevole.             

il pescatore di brodo

Va bene, ci credo. Converrai che in pochissimi sarebbero disposti a fare altrettanto. Pescare un brodo è un po’ come camminare sulle acque, non so se mi spiego.

Quindi tu vuoi che io scriva per te la tecnica della pesca di brodo, che sia scientifica e credibile, in modo che nessuno, né ora né mai, abbia più modo di ridere di te.

Riassumerò in poche righe quello che hai fatto il trenta gennaio, di sera, a casa tua. Perché tu per pescare non ti sei mosso da casa, giusto?

Mi hai pregato di partire da una premessa. Il brodo di tua moglie è disgustoso. Sa di muffe e di calzini usati, e anche un po’ di urina. Tua moglie però è convinta che il suo brodo sia buonissimo e non avevi modo di dimostrarle il contrario. Anche se ogni giorno, verso sera, uscivi sul pianerottolo e sentivi quel profumino che veniva dall’appartamento di sotto, dove abita una cuoca.

Quella sera del trenta gennaio, hai aspettato che tua moglie andasse a letto. Hai guardato alla tv le previsioni del tempo, poi hai preso dallo sgabuzzino la tua canna da pesca e in fondo alla lenza hai legato un fisher a gancio, di quelli che si infilano nei muri. Ti sei affacciato alla finestra della cucina, coperto con berretto e piumino, proprio come se fossi sulla riva di un fiume, poi hai calato il filo. Non per pazzia, ma perché sul davanzale della finestra di sotto c’era il tegamino della cuoca, che conteneva l’avanzo del brodo. L’hai scoperchiato, agganciando il coperchio con l’uncino, poi hai immerso il fisher nel tegamino. Hai lasciato la finestra socchiusa e ti sei seduto sulla sedia, là dove ogni sera sei costretto a ingoiare un veleno. Hai caricato la sveglia per le quattro. E lei puntuale ti ha strappato dai sogni con un suono tipo bic boc, perché dove c’erano i martelletti avevi infilato del cartone per non fare rumore. La stanza era freddissima, la canna ti aspettava. hai spalancato la finestra, hai dato un piccolo strattone che ti ha fatto felice. Il brodo aveva abboccato. Hai agito sul mulinello, piano piano. Il brodo, dopo un attimo di resistenza, ha lasciato il tegame. Ecco, così, senza indecisioni, ma anche senza foga. E in breve il brodo è apparso ai tuoi occhi stanchi, congelato da diciannove gradi sotto zero. Hai ringraziato mentalmente la signorina delle previsioni e hai messo il brodo in frigo.

Quella stessa sera ti sei messo ai fornelli prima che tua moglie tornasse dal rosario.

“Cos’è questo odore?” ha detto, ma nella sua voce c’era incredulità e anche un pizzico di invidia. E tu le hai mostrato il brodo che bolliva. “Ho pensato di darti una mano.”

Il sospetto che tradivano i suoi occhi! Poi ti ha detto che doveva uscire a mangiare la pizza con le amiche; si aspettava che tu facessi la faccia dispiaciuta. E tu hai fatto una faccia dispiaciuta, come meglio ti veniva. Hai aspettato che uscisse di casa, poi hai buttato a cuocere una manciata di lumachine. Cucchiaio dopo cucchiaio, il brodo ha cancellato i ricordi dei calzini usati e poi tutti gli altri, anche quelli più tristi. Ormai non ti importava più nulla di niente, nemmeno di morire.