Informazioni su Roberto Stradiotti

studi classici, bonsaista della domenica

Case

Sulla collina, nel ventre di una fila di case davanti a me, nuove e diroccate nel contempo, sbattevano maliziose le ante, in assenza di vento.

Le finestre hanno iniziato a fare l’alfabeto morse, sembravano lingue di incendi sul nascere. Mi hanno chiesto chi ero e mi sentivo stupido, perché la casa mi parlava. Quando quattro finestre si sono accese nel contempo, il latrato del cane triste è svanito, i rumori dei paeselli laggiù si sentivano appena. Sotto il balcone, il passo di una donna testimoniava la sua rinnovata attenzione per la portulaca e l’acetosella, ma io ormai ero figlio del buio, sentivo la vita come un’amica lontana, al pari degli spilli di stop accesi sulle automobili di gente smarrita nella notte.

Non ho mai pensato che avrei potuto parlare con le case, ma forse questo capita una certa età. Non ho mai pensato che avrei potuto capire le case e le cose, non avrei mai pensato che un cedro e un rovere potessero essere testimoni della mia intesa con quelle facciate slavate che carezzano la cresta della collina al punto che sembrano parte di essa. Le luci di vecchi lampadari ammiccavano gialle e fioche, identiche a quelle della mia cucina, durante l’infanzia, quando seduto in un angolo vicino al televisore acceso leggevo romanzi d’avventura e pensavo che la vita vera fosse quella lì, quella dei romanzi.

I lampadari con il linguaggio morse mi chiedevano chi ero, ma non ho saputo rispondere.

Niente di importante

Ieri volevo fare delle telefonate, ma erano importanti, così ho lasciato perdere per dedicarmi ad altro.

Sono sceso al lago, a piedi. È a una distanza ottimale, perché nell’esatto momento in cui ti senti stanco, eccolo.

Al lago mi sono trovato bene, c’erano persone che avevano l’aria di non aver nulla di importante da fare.

I cani bighellonavano in gran quantità e anche loro non avevano nulla di importante da fare, mentre i cigni portavano a spasso le famigliole e quella mi è sembrata in assoluto la cosa più importante, in quel momento.

Poi mi sono accorto che passeggiare è importante, allora ho smesso e sono tornato indietro.

Il ritorno è stato più lungo e faticoso, perché è in salita. Sentivo il respiro e i battiti del cuore. A un certo punto mi sembrava di essermi sdoppiato, che quello che respirava così forte fosse un altro, un po’ più vecchio di me.

Anche quello un po’ più vecchio di me non aveva niente di importante da fare e in un certo senso l’ho sentito fratello.

In casa erano sparpagliate cose fuori posto, per terra, ma non era importante metterle in ordine, anzi davano alle stanze un’aria vissuta, che a me piace.

Mi sono seduto sul divano a osservare le cose fuori posto, una ad una.