Quattro pasticcini scomparsi

L’alba era uno spettacolo. Né malinconica, né chiassosa, né volgare, né dimessa, non limpidissima, ma nemmeno sfumata da quella patina che a volte avvolge il primo chiarore, quando l’estate si ritira senza un preavviso, o un saluto doveroso e memorabile.

Al suo cospetto tuttavia, i quattro pasticcini che riverberavano la prima luce del giorno erano gioielli di raro valore, che la natura non aveva saputo eguagliare. Diversi fra loro, ma accomunati da un fascino incomparabile, giacevano fra la polvere e i musi curiosi dei gatti e questo non faceva che esaltare la nobiltà della glassa, la densità del colore, l’evocazione di profumi che forse non emanavano più, ma che oltrepassavano le barriere del tempo e del decadimento, con la sola suggestione.

Catena da un po’ di tempo li aveva adocchiati, ma si era messa a dieta e per provare a se stessa che aveva forza d’animo aveva provato a fotografarli e a farne ingrandimenti, che appendeva nella camera da letto. Ogni mattina quando si svegliava guardava i poster, poi correva in giardino ad ammirare i pasticcini dal vivo. Erano come vecchi amici.

Poi, un bel mattino, i pasticcini non c’erano più. Catena venne presa da un’indicibile tristezza e i poster gli sembravano vecchie istantanee di familiari defunti che dall’alto del loro sorriso di cioccolato, resistente allo scioglimento fino a cinquanta gradi, le dicevano: ti ricordi quanto eravamo felici assieme, ti ricordi quando venivi a trovarci nella polvere, noi, leccati da lingue di gatto?

CATENA

 

Così Catena, che non aveva alcun rispetto per i carabinieri, dovette andare dai carabinieri a denunciare il fatto, per dare un sollievo al proprio cuore affranto. “Ho perso i miei avi” disse.

Il carabiniere, un tipo molto giovane, quasi un ragazzo, dai baffetti appena disegnati, le ricordò che tutti noi abbiamo degli avi, e che tutti noi in un modo o nell’altro li abbiamo persi.

“Ma quelli sono avi speciali, sono il mio passato, il mio desiderio, la mia guida verso il bene e la virtù!” protestò Catena e descrisse la base di pastafrolla a lunga conservazione, la crema pasticciera inattaccabile da ogni tipo di batterio esistente, le ciliegine sciroppate ricoperte da una vernice inalterabile, studiata dalla Nasa appositamente per le ciliegine sciroppate. Qualcuno aveva rapito i pasticcini e con essi amore, felicità, sogni.

Il carabiniere anziano, che pur essendo anziano sembrava molto giovane, come l’altro giovane, e aveva dei baffetti appena accennati come il suo collega, chiese una foto degli avi. Li guardò, li mostrò al collega. “Sembrano molto buoni” commentò.

“Non li ho mai assaggiati” ammise Catena. “Sono molto resistenti, praticamente immangiabili.”

“Un mio bisnonno fu mangiato dai cannibali” commentò il carabiniere veramente giovane. “Però i familiari riuscirono a riavere le ossa.”

“Tu sì che hai una tomba sulla quale piangere” disse sconsolata Catena.

“Non proprio. Pare che il cane le abbia trafugate prima della sepoltura. Erano nel granaio, insieme agli attrezzi, e la mattina dopo non c’erano più.”

“Proprio come i miei pasticcini” gemette Catena.

“Comunque” disse il carabiniere anziano lisciandosi i baffetti. Quello giovane e Catena lo guardarono. Catena si asciugava le lacrime con il dorso della mano, il giovane si lisciava i baffetti. L’anziano si alzò e si piantò davanti al giovane, con le mani dietro la schiena. “Quelli sono i miei baffetti” disse.

“No, sono i miei” disse il giovane.

“Li vedi, i miei? Guardali bene. Tu hai i miei baffetti.”

Il giovane chiese uno specchio. Catena estrasse dalla borsetta lo specchietto della cipria e lo mise davanti al viso del giovane, che sussultò.

“Quindi, cosa vogliamo fare?”

Il giovane arrossì e borbottò qualcosa, poi chinò la testa e si dileguò a passi rapidi. Il vecchio si avvicino a Catena e le richiuse lo specchietto. Si sentì un clic. “Ora che siamo rimasti soli, che ne dici, lo facciamo un saltino in pasticceria? Magari troverai un po’ di consolazione.”

In pasticceria, Catena si guardò intorno, i pasticcini giacevano inerti dietro teche linde, come tanti cadaveri ricomposti dopo una battaglia. “Questo è un cimitero, un cimitero!” gemette e corse fuori.

“Ha dei pasticcini vivi?” chiese il carabiniere vecchio al pasticciere.

“Certo che ne ho, sono molluschi molto dolci e saporiti, che in oriente vengono mangiati a merenda e che sopravvivono per ore, se non per giorni. Li ricopro di zabaione, si chiamano dolci trenini gialli e quando si spostano sul tavolo – non molto veloci, a dire il vero – sembra davvero di vedere una locomotiva.”

Il carabiniere ordinò qualche trenino, poi corse fuori, ma di Catena non c’era più traccia.

“Non so nemmeno il suo nome” mormorò con il broncio, passeggiando sul ponte. Guardò di sotto il fiume Guai e si immaginò di tuffarsi e scomparire per sempre per un amore non corrisposto.  “Si chiama Catena” disse un vecchio che sembrava giovane, e che stava per tuffarsi davvero.

“Catena?” ripeté stolidamente il carabiniere. Era affascinato dal nome, che evocava prigionia e forse ergastolo.

“Per lei, è per lei che mi sto buttando” disse il vecchio. Il carabiniere gli afferrò un braccio. “No, se c’è uno che deve buttarsi, quello sono io.” Ma il vecchio, che aveva l’aria di un barbone, insisteva e allora il carabiniere lo ammanettò e lo portò in caserma, dove trovò il suo giovane collega che a testa bassa, ancora rosso in viso, stava cercando un angolino in cui nascondersi.

Il carabiniere vecchio chiuse il barbone in cella, poi uscì per andare a buttarsi. Tornò sul ponte e mise una gamba fuori dal parapetto, poi si chiese perché mai si sarebbe dovuto buttare, visto che quella donna che aveva appena conosciuto non l’avrebbe mai saputo. Non solo, prima doveva trovarla, fare un po’ la sua conoscenza e poi se mai buttarsi, altrimenti il gesto sarebbe stato perfettamente inutile. Tornò in caserma, liberò il mendicante e gli disse che poteva andare a buttarsi.

“Non ne ho più voglia” disse il mendicante. “Hai per caso un panino con il lardo e la cipolla?”

Il carabiniere tirò fuori dal primo cassetto il suo panino e glie lo porse. Il mendicante scartò la stagnola e guardò dentro al panino. “È salame e aglio, ma lo accetterò ugualmente. Però ho una gran voglia di fare una lamentela scritta.”

Il carabiniere giovane si sedette al computer e registrò che il tal dei tali a richiesta di panino con lardo e cipolla aveva ricevuto salame e aglio e questo significava scarsa considerazione nei confronti del prossimo. Il carabiniere giovane stampò la lamentela, la fece firmare al mendicante, poi tutto rosso corse a nascondersi.

Sul pavimento, dolci trenini gialli, approfittando del portone aperto, infilarono lentamente l’uscita.

 

 

 

 

Informazioni su Roberto Stradiotti

studi classici, bonsaista della domenica
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